Negli ultimi anni, morto il buon Woytila, con il pontificato Ratzinger sta avvenendo nella Chiesa una lenta, ma sensibile modificazione in peggio.
Ciò che è davvero esecrabile è quasi ignorato, ciò che invece è umanamente comprensibile, è messo al centro di condanne e anatemi illogici e contraddittori.
L’ultima flagrante contraddizione si è avuta con la campagna contro la RU486, la pillola del giorno dopo (ma è un giorno che si prolunga per diverse settimane). Si tratta di un metodo abortivo meno invasivo e drammatico di quelli praticati attualmente. Rispetto alla attuale legge italiana l’introduzione di questa pillola non cambia dunque l’esistenza dell’aborto che era e resta legale.
Perché allora mobilitare contro questa particolare tecnica abortiva le armate celesti e i buttiglioni di cortile? Forse l’aborto con pillola è più grave dell’aborto chirurgico?
Un fenomeno ugualmente curioso accadde un paio d’anni fa quando il Vaticano (e i soliti ultravaticanisti parlamentari, compresi ben noti puttanieri e cocainomani…) si scatenarono contro le unioni civili. Anche allora dov’era la differenza tra le unioni civili e il concubinato di fatto quale è dal punto di vista cattolico il semplice matrimonio civile? Eppure anche lì tuoni e fumini contro quello che veniva definito un inaudito attentato alla famiglia (quale …?).
Nel frattempo è stata approvata dal governo una barbara legge razzista contro gli immigrati, ma le critiche della Chiesa sono state quasi timide, affidate a singoli prelati solitari.
Se pensiamo che il cardinale Echegaray definì, con inumana ferocia, il padre della povera Englaro un “assassino”, ci si domanda come mai nessuno ha definito allo stesso modo il ministro Maroni che ha affidato la liquidazione fisica di innocenti migranti in cerca di legittimo asilo alla gendarmeria libica. E invece niente.
Stesso comportamento a proposito del puttanesimo del premier e delle sue chiacchieratissime orge da satrapo orientale. Anche qui deboli critiche, più allusive che dirette, da parte di qualche giornalista cattolico, ma ostinato e impenetrabile silenzio dalla Santa Sede.
Viene da chiedersi: i peccati mortali sono tutti ancora ugualmente mortali o c’è una nuova graduatoria simoniaca stabilita in base alla ricchezza e al potere di chi li commette?
Si può essere legittimamente contro l’aborto, che peraltro è un dramma che nessuna donna affronta a cuor leggero, ma perché scagliarsi contro una tecnica piuttosto che contro un’altra?
Se le unioni civili erano un attentato alla famiglia cosa sono i festini di Palazzo Grazioli, spiattellati all’opinione pubblica a maggior gloria del machismo di quello che Grillo chiama lo psiconano?
Infine se la persecuzione degli ebrei fu una mostruosa escrescenza del cristianesimo totalitario e integralista, per il quale lo stesso Giovanni Paolo II chiese solennemente perdono, cosa sono le leggi razziali attuali che considerano criminali tutti i migranti che fuggono da fame, guerre e persecuzioni?
La Chiesa sembra dunque, con Benedetto XVI, stranamente incerta di fronte al dilemma di questo secolo, che in fondo è semplice: essere la Chiesa dei poveri e degli esclusi, radicata tra gli ultimi del pianeta, oppure la Chiesa dei potenti e dei prepotenti.
E’ un dilemma cui non si può sfuggire, un bivio epocale inevitabile.
La stessa religione cristiana, schiacciata nei paesi ricchi dal consumismo individualistico e dalla crescente secolarizzazione edonistica, ha oggi la sua base di forza più profonda nelle grandi moltitudini dei paesi poveri, che vogliono liberarsi dalle catene della miseria e dell’ignoranza.
Il grande Giovanni Paolo II l’aveva capito e aveva spostato l’asse della sua predicazione inesausta verso quei paesi e quelle moltitudini. Il suo ex collaboratore e poi successore Ratzinger sembra invece un pendolo che oscilla pericolosamente tra l’antica pratica di complicità con il potere e i nuovi imperativi morali globali di oggi e domani.
Forse ci sarebbe bisogno di tutt’altra guida. Magari di uno come il cardinale Tettamanzi, che a Milano sta facendo e dicendo cose che Roma colpevolmente non fa e non dice.
E sono sicuro che la Divina Provvidenza ci sta già pensando.
Vignetta di Vincenzo Sparagna e Fabrizio Fabbri.
|