Il crollo delle borse euroasiatiche subito dopo il fallimento della Lehman Brothers e la crisi che ne sta seguendo, peraltro ampiamente prevedibile e annunciata da oltre un anno, è solo un aspetto di una crisi più profonda e più grave, un uragano tra i tanti che il futuro annuncia, come un prologo a ben altre catastrofi.
Non lo dico per imitare Lacoonte, che prima di morire ammonì i troiani sulle insidie di quel cavallo…, ma perché è l’idea dello svilupppo infinito che si sta scontrando con la finitezza del mondo, con l’esaurirsi delle risorse naturali, con il crescere inarrestabile delle popolazioni e la conseguente lotta universale per la sopravvivenza.
Ovviamente una “via” ci sarebbe, ma dovrebbe appunto capovolgere il principio dello sviluppo e cercare l’equilibrio.
Un’idea praticamente assurda nel mondo in guerra che abbiamo davanti.
L’idea di essere più “competitivi” di altri è infatti un’idea di guerra e non a caso alla fine i conflitti di interesse tra stati, territori, gruppi si risolvono con le armi.
L’idea dello sviluppo infinito è del resto il frutto avvelenato dello sviluppo capitalistico globale, un’idea da Torre di Babele che non potrà che crollare con grande fracasso e forse trascinare nel suo boom l’umanità intera.
C’è ancora modo di fermarsi, di ritrovare l’equilibrio, di sostituire il valore della solidarietà a quello del profitto?
Francamente al momento non so.
Basta a darmi le peggiori sensazioni la vergognosa campagna razzista e xenofoba in corso contro i cosiddetti clandestini. Profughi cui una legislazione assurda impone la clandestinità e poi sfrutta e perseguita come nuovi schiavi senza diritti.
Una vergogna tra le molte, le troppe, ma quella che forse fa più male.
Se le leggi razziali del nazifascismo furono certamente un’infamia inarrivabile, cos’è la legge Bossi-Fini se non un’infamia razzista, un po’ meno clamorosa, certo assai più ipocrita e “moderna”, ma non per questo meno infamia?
Immagine di Ugo Delucchi.
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