La scomparsa dei confini
di Vincenzo Sparagna - 12-1-2014
Per secoli l’umanità non ha fatto che tracciare confini. Come ogni specie animale anche gli uomini hanno da sempre marcato il loro territorio. Dalle prime caverne ai villaggi, dai castelli medioevali agli stati moderni si è visto e vissuto il mondo nella doppia dimensione dell’interno e dell’esterno.
Questo processo ha avuto il suo culmine nella formazione dello Stato/Nazione.
Ma il capitalismo, esaltando sempre più l’individualismo, ha finito per ridurre il confine al perimetro dell’individuo. Oggi, dopo che il mercato ha invaso anche le società più antiche, che concepivano la persona solo come parte del clan, il concetto di confine si sta nuovamente modificando. La circolazione delle merci e delle persone non è mai stata così globale. Uomini e donne di origini diverse si incrociano e vivono insieme. Molte società, a cominciare da quella di pionieri, migranti ed ex schiavi in Nord America, sono esperimenti riusciti di interconnessione di culture lontane. Anche in Italia vivono già micronazioni in disfacimento, frammenti produttivi della Cina migrante nell’italianissima Prato, schegge dell’India di allevatori sikh nelle fattorie del formaggio padano. La realtà materiale del confine individuale, ad esempio tra commercianti cinesi in concorrenza tra loro, fa tramontare gli ultimi confini collettivi della razza o della lingua. Gli stessi stati nazionali tendono ad allearsi, spinti dalla circolazione dei capitali e delle merci a una fusione sovranazionale. È un processo complesso, ma irresistibile, che corrisponde a una riscoperta positiva dell’unico confine umano, che è l’uomo stesso. Per questo appaiono tanto più preoccupanti e irrazionali sotto ogni profilo le resistenze in direzione contraria, che pure stanno flagellando il pianeta intero con feroci guerre di religione, scontri tra etnie, razzismi di varia origine, surreali rivendicazioni di indipendenza di ex nazioni ormai inghiottite nel processo complessivo. Tutti questi fenomeni appaiono tecnicamente reazionari, risposte cieche a un moto concreto che sta spazzando via in pochi anni ideologie create in secoli di isolamento. Ogni nostalgia è legittima, ma inutile. Meglio guardare avanti, come cittadini di un pianeta che sta scoprendo poco alla volta la sua unità, circondato non da un filo spinato, ma dallo spazio delle galassie.
Vignetta di Cecigian, pubblicata su IL NUOVO MALE n.17 (gennaio 2014).
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