Medioevo missilistico
di Vincenzo Sparagna - 9-08-2014
Chissà se l’avanzata minacciosa del califfato islamico di Al Baghdadi illuminerà la mente di qualcuno dei tanti “opinionisti di sinistra” che si ostinano a sottovalutare il pericolo mortale del fondamentalismo islamico. Purtroppo è assai improbabile, perché ci sono pre/giudizi difficili da estirpare. Perfino quando Hitler prese il potere in Germania nel 1933 ben pochi nella sinistra occidentale si resero conto della minaccia alla pace di tutti, perché l’odio per gli imperialisti inglesi (e per gli ebrei… che nella vulgata antisemita vengono tuttora considerati il cuore del capitalismo mondiale) era troppo forte. Oggi succede qualcosa di analogo. Pur essendo scomparsa da tempo la contrapposizione tra mondo capitalista e campo sovietico, sopravvive la leggenda della guerra fredda secondo la quale l’unico nemico dei popoli è l’imperialismo americano (e i soliti ebrei), per cui chiunque li combatte è in ogni caso dalla parte della ragione. La versione caricaturale di questa leggenda ha addirittura attribuito agli americani (con l’aiuto dell’odiato Mossad) la responsabilità degli attentati del 2001, fantasticando su un Bin Laden agente della Cia, che per giunta, secondo alcuni, non sarebbe neppure morto… ma vivrebbe felice insieme a Elvis Presley, Marilyn Monroe e forse Moana Pozzi… ai Caraibi. Oggi - in questo delirio complottistico - c’è chi ipotizza che pure il neocaliffo Al Baghdadi, per anni detenuto e poi rilasciato perché giudicato “non pericoloso”, sia un agente Cia sotto copertura, libero non per la organica stupidità dei servizi Usa, ma per scatenare nuove guerre, la cui responsabilità sarebbe dunque ancora una volta americana. Quello che gli antiamericani complottisti non capiscono è che il capitalismo non ha affatto una sola testa, un malvagio grande vecchio di nome zio Sam, perché è un sistema strutturalmente anarchico che produce sempre nuovi mostri. L’ultimo di questi, cresciuto a dismisura negli ultimi decenni grazie alle scelte folli di un occidente accecato dal profitto (pensiamo alle guerre in Afghanistan, Irak, Libia, al libero traffico mondiale di armi, al proibizionismo assassino ecc.), è il fondamentalismo islamico. Un mostro con centinaia di teste che agiscono ciascuna in piena autonomia e perfino in guerra tra loro. Da un lato ci sono i sunniti, ovvero Al Qaeda, gli shabaab somali, gli algerini di Aqmi, i nigeriani di Boko Aram, l’Isis di Al Baghdadi, la Jihad palestinese, Hamas ecc.… dall’altro gli sciiti, cioè gli ayatollah iraniani, il loro pupillo Assad, gli Hezbollah libanesi ecc. Risalire alle origini coloniali di questa tragedia contemporanea è un buon esercizio accademico, ma non aiuta a risolvere il problema. Possiamo chiedere scusa e vergognarci quanto ci pare per il massacro degli indios, le crociate, la tratta degli schiavi o la guerra dell’oppio. Il filo della storia non si può riavvolgere. L’ideologia religiosa del sanguinario califfo di Mosul è un evento di oggi, frutto bastardo e pericolosissimo di un medioevo immaginario perfettamente fuso con il capitalismo che sta avvelenando il pianeta. L’esercito dell’Isis, come tutti i gruppi jihadisti, non usa cammelli e scimitarre, ma carri armati e missili fabbricati in Europa, in Russia, negli Usa, comprati con vagonate di petrodollari e narcodollari. Sono forze potenti e oscure che si fanno beffe di certe sciocche solidarietà nostrane e se ne fregano dei diritti umani, incluso quello alla vita dei loro seguaci, sacrificati senza scrupoli come martiri di Allah. Prima lo si capirà, meglio sarà per tutti, soprattutto per le popolazioni mediorientali, ipnotizzate dal fanatismo o sterminate senza pietà come minoranze infedeli.
Vignetta di Giuliano, pubblicata su IL NUOVO MALE n.15 (luglio-agosto 2013).
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