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Diventare cittadini della Repubblica di Frigolandia è facile. Basta acquistare il Passaporto annuale che costa 100 euro e avrete diritto a: 1) Sette giorni (anche non consecutivi) di soggiorno gratuito nella Repubblica di Frigolandia 2) Abbonamento Annuale Sostenitore alle nostre due speciali riviste a/periodiche Frigidaire e Il Nuovo Male 3) Due Regali Originali da scegliere tra quelli elencati sulla pagina “Abbonamenti” |
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Tutte le riviste e gli albi che hanno fatto la nostra incredibile storia:
Frigidaire, Cannibale, Il Male, Frìzzer, Vomito, Tempi Supplementari, Il Lunedì della Repubblica, Il Nuovo Male, La Piccola Unità, gli Albi, e inoltre le T-shirt e i Poster storici.
Una guida completa per chi vuole acquistare e leggere i reportage, i fumetti e i racconti, della rivista d'arte più rivoluzionaria e allegra del mondo.
Copertine e prezzi. |
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Brutta giornata questo 12 febbraio 2014, avvelenata dalla notizia della morte di Roberto Freak Antoni. Come tanti altri che lo hanno conosciuto e amato anche io vorrei dire qualcosa di questo uomo singolare. Ma non è semplice, perché ogni parola rischia di essere retorica in momenti come questo. Mi vengono in mente quei discorsi che si tengono in occasione dei funerali: quanto era bravo, intelligente, spiritoso, gentile. Cose magari tutte vere, ma che, dopo la morte, assumono un tono ambiguo, sembrano di circostanza anche se non lo sono. Così mentalmente mi rifugio in quella frase che usammo nel 1988, Filippo Scozzari ed io, per dare notizia su FRIGIDAIRE della morte del suo e nostro amico e compagno, Pazienza: “morto un genio, non se ne fa un altro”. Genio, una parola che si usa troppo spesso. Ma nel caso di Paz o di Freak non me ne vengono altre. Mi ricordo il suo debutto sulle pagine del n. 2 di FRIGIDAIRE con il nome di Astro Vitelli, o le sue rubriche su FRÌZZER che firmava Beppe Starnazza. E ancor più ricordo una irripetibile serata di presentazione della rivista al Piper di Roma nel febbraio 1981, dove arrivammo Tamburini (un altro genio) ed io stravolti da una notte e un giorno passati
Sono passati 60 anni, ma qualche vecchissimo militante della sinistra ancora ricorda la lotta contro quella che nel 1953 venne chiamata “legge truffa”. Era la pretesa democristiana di introdurre un premio di maggioranza che avrebbe assicurato seggi aggiuntivi al partito vincente. Contro la truffa, comunisti e socialisti si batterono allo spasimo riuscendo infine a bloccarla. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti della politica. Ormai sono venti anni che la democrazia rappresentativa è tramontata, e non solo per colpa di Berlusconi. Il fatto è che al posto dell’idea di rappresentanza si è affermata, fino a diventare un feticcio, l’idea della “governabilità”. In suo nome sono stati escogitati sistemi elettorali pensati per realizzare il cosiddetto bipolarismo, che avrebbe dovuto assicurare l’alternanza al governo di una destra e una sinistra entrambe convinte della inviolabilità delle leggi economiche, ovvero del mercato capitalistico, unico padrone dei nostri destini. Inseguendo la governabilità, prima è stato inventato il mattarellum, che già cancellava gran parte delle possibilità di scelta dei cittadini, poi Berlusconi & C. hanno varato il famigerato porcellum, che solo dopo
Per secoli l’umanità non ha fatto che tracciare confini. Come ogni specie animale anche gli uomini hanno da sempre marcato il loro territorio. Dalle prime caverne ai villaggi, dai castelli medioevali agli stati moderni si è visto e vissuto il mondo nella doppia dimensione dell’interno e dell’esterno. Questo processo ha avuto il suo culmine nella formazione dello Stato/Nazione. Ma il capitalismo, esaltando sempre più l’individualismo, ha finito per ridurre il confine al perimetro dell’individuo. Oggi, dopo che il mercato ha invaso anche le società più antiche, che concepivano la persona solo come parte del clan, il concetto di confine si sta nuovamente modificando. La circolazione delle merci e delle persone non è mai stata così globale. Uomini e donne di origini diverse si incrociano e vivono insieme. Molte società, a cominciare da quella di pionieri, migranti ed ex schiavi in Nord America, sono esperimenti riusciti di interconnessione di culture lontane. Anche in Italia vivono già micronazioni in disfacimento, frammenti produttivi della Cina migrante nell’italianissima Prato, schegge dell’India di allevatori sikh nelle fattorie del formaggio padano. La realtà materiale del confine individuale, ad esempio tra
Tra le molte disgrazie di questo tempo infelice vi è anche la continua trasformazione delle vere tragedie contemporanee in presunta satira, ovvero in un esercizio formale che non serve più a criticare il reale, ma a celebrarne i trionfi sotto forma di barzelletta (sporca per natura). Questa pseudosatira è diventata – grazie ai tanti giullari professionisti che invadono servizi pubblici televisivi e fogli di regime – un’appendice servile del potere. Da critica radicale dell’ipocrisia e della doppia morale borghese, si è trasformata nello stupido ghigno di chi confonde l’ironia con la volgarità inutile o la cieca partigianeria. In Italia, complice il berlusconismo trionfante a destra come a sinistra, il fenomeno sembra inarrestabile, ma il problema non è solo italiano. In tutti i paesi sviluppati (dagli Stati Uniti al Giappone, dal Brasile alla Russia) mentre il mondo è sempre più un inferno di sangue, veleni e guerre, va di moda la superficialità più idiota. Sui media di massa e nella onnipresente pubblicità l’adorazione del Dio Denaro si accompagna all’esaltazione del Dio Divertimento, che ne è l’ingannevole compagno di giochi. Il paradosso è che sia l’uno che l’altro non danno gioia, anzi moltiplicano l’infelicità di tutti. Infatti
Dal 15 novembre al 15 dicembre è in programma al CAOS (Centro Arti Opifici Siri) di Terni, un moderno complesso di sale e spazi dedicati all’arte, l'esposizione “L’Arte Maivista di Frigidaire 1980-2013. Mostra vivente della Repubblica di Frigolandia”, un’ampia selezione di immagini, grafiche e visioni della rivista apparse nei suoi 33 anni di attività. Il Maivismo è il movimento immaginario inventato da Andrea Pazienza e da me nel 1985 sulle pagine di Frìzzer (una delle molte riviste generate da Frigidaire, come Tempi Supplementari, Vomito, Il Lunedì della Repubblica, la Piccola Unità e attualmente Il Nuovo Male). Lo spunto iniziale furono alcuni commenti di Pazienza inseriti come voci fuori campo nei miei disegni, ma presto Il Maivismo divenne, con l’elaborazione comune di un Manifesto e di altri testi fondativi, una etichetta surreale per definire tutta la ricerca estetica e formale di Frigidaire. Naturalmente si tratta di una categoria sarcastica, parodia degli “ismi” novecenteschi, beffarda presa in giro dei critici-spacciatori capaci di vendere a peso d’oro perfino la merda o i pisciatoi. Ma sotto
Mentre mi accingevo a scrivere un’altra invettiva su giravolte, bufale, chiacchiere e bugie della politica italiana, mi telefona un caro amico per annunciarmi con voce rotta che è morto Lou Reed, mito di più generazioni. Il giorno dopo nei titoli dei giornali torna la stremata categoria dei “poeti maledetti”. Per Lou Reed, come per altri artisti di questo secolo vissuti pericolosamente tra droghe e sfracelli di sé, il termine sembra appropriato. Eppure provo fastidio a vederlo usato così disinvoltamente, quasi che, tra le varie specializzazioni, ci fosse quella di poeta maledetto. La realtà è assai più amara. Ci sono alcuni artisti del segno, del suono, della parola e del gesto che avvertono con tale intensità il conflitto mortale tra la poesia e la crudeltà del mondo da rischiare la vita per cercare di superarlo. Talvolta sono celebrati come “poeti maledetti”, quasi che il loro fosse un cammino obbligato verso l’infelicità. Eppure non c’è alcuna relazione inevitabile tra la distruzione di sè e l’arte. Anzi direi che proprio la ricerca della forma (per Burroughs, come per Lou Reed e per tanti altri) è la via per ritrovare un equilibrio con il mondo oltre il dolore. Nessun vero artista scrive o canta per compiacersi della propria fragilità o della dipendenza dall’eroina, ma per ritrovarsi, per dare dignità e struttura alla disperazione. L’uso dell’espressione “poeta maledetto” è allora ambiguo. Da un lato spaventa la gente comune, facendo credere che ci si può ribellare
Non passa giorno senza che qualche sapientone si lamenti della disaffezione crescente verso la politica. Ma appena una protesta, un corteo, un occupy Porta Pia dimostrano una volontà di partecipazione alla cosa pubblica, subito scattano i giudizi sprezzanti, le considerazioni negative, i distinguo capziosi: “non è una critica costruttiva, si minaccia la stabilità, c’è poca chiarezza” ecc. Insomma se il pubblico sbadiglia, fischia o esce dalla sala, la colpa, a sentire lorsignori, non è della penosa rappresentazione in corso, ma degli spettatori. Ci vorrebbero tutti inchiodati alle poltrone a seguire le noiosissime sceneggiate dei talk show, a fare il tifo per Monti o Casini, Letta o Renzi, Alfano o Fitto. Ma questo, nonostante tutti i Santoro e simil-Santoro della TV, non può accadere, perché il film è stato visto e stravisto mille volte ed ormai non appassiona più nessuno, nemmeno i più ottusi seguaci del cavaliere. Naturalmente la nausea verso ogni progetto di governo o di opposizione crea un vuoto politico enorme. In questo spazio libero si è infilato per un po’ Grillo con le sue esibizioni e i suoi vaffa, ma presto anche lui - come meravigliarsi? - si è rivelato una banale variante dello spettacolo. Oggi siamo in una fase che potremmo definire postpolitica e postgrillina. Dal ventre profondo della società e del disagio emergono movimenti diversi che cercano di trovare
In pochi giorni altre centinaia di morti si sono aggiunti alle migliaia di innocenti che ogni anno affogano nel Mediterraneo nel tentativo di fuggire guerre, carestie, miseria e persecuzioni. È accaduto prima sulla costa di Ragusa, con i cadaveri allineati sulla spiaggia, poi al largo di Lampedusa, dove l’ecatombe ha raggiunto proporzioni spaventose. Ogni volta, quando lo scandalo è troppo forte per tacere, c’è qualche pezzo grosso che si dice commosso, invoca l’Europa per evitare di criticare l’Italia e accusa di tutto i malvagi “scafisti” che sfruttano la miseria e la disperazione dei profughi, dimenticando che il traffico clandestino di carne umana è il prodotto di crisi e guerre di cui siamo anche noi responsabili e di leggi razziste (come la Bossi-Fini) che ignorando il problema lo aggravano. E non manca chi, come gli inqualificabili esponenti della Lega Nord, ne fa addirittura l’occasione per vergognosi attacchi alla ministra Kyenge, alla Boldrini e ai pochissimi che invocano una maggiore civiltà nei rapporti con i migranti. In realtà i governi dell’Italia, come di altri paesi europei, da anni si comportano verso questo dramma con totale disumanità e cecità. Inutile girarci intorno: gli interessi elettorali di un’orrenda destra e di una infame pseudosinistra hanno alimentato e continuano ad alimentare una sbagliatissima politica di respingimenti che è
Il voltagabbana italiano non è come quello di altri paesi, è diverso, per tradizione, ambiente, cultura. Potrei fare numerosissimi esempi, storici e attuali. Evito i primi, altrimenti dovrei partire dai tempi di Romolo e Remo e arrivare fino al ripudiato (sotto le bombe) Mussolini, che pochi anni prima, quando il generale Graziani gasava gli africani, era venerato come fondatore dell’Impero. Vorrei invece parlare del voltagabbanesimo contemporaneo, una vera metastasi sociale, cominciata con l’ipocrita bufera di Tangentopoli. Fu allora che quasi tutti i politici di destra e di sinistra si iscrissero di corsa all’immaginario “partito degli onesti”, in cui confluirono ladri di ogni razza, avventurieri del nord, mafiosi del sud, massoni coperti e scoperti, avvocati di cappa e di grido.
Da allora è stata una corsa sfrenata a chi voltagabbanava di più.
Comunisti, democristiani, socialisti, missini, repubblicani e radicali di sicura fede sono diventati secondo le proprie convenienze gialli, rosa, neri, verdi, arancioni, azzurri, rossi, multicolori. Ex barricaderi si sono trasformati in teletrasportatori d’opinione (manipolata). Sorridenti ragionieri incapaci di ragionare sono diventati giornalisti “liberi” al servizio di più padroni. Uno di loro
Durante una visita al campo di sterminio di Dachau, Angela Merkel, nella sua qualità di Cancelliere della Germania, ha ricordato la responsabilità collettiva del popolo tedesco nei crimini del nazismo. “Come ha potuto”, si è chiesta la Merkel, “la stragrande maggioranza dei tedeschi sopportare un simile orrore?”. In realtà non solo lo ha sopportato, ma, salvo pochissime eccezioni, ha sostenuto con entusiasmo Hitler. Al di là del contesto specifico, l’interrogativo resta, e non riguarda solo il popolo tedesco. Si potrebbe infatti parafrasare chiedendosi come mai, ancora oggi, la stragrande maggioranza dell’umanità sopporti (e perfino sostenga) guerre sanguinose, distruzioni ambientali apocalittiche, razzismi e violenze. La questione investe la responsabilità di tutti i popoli. Certo nel reale c’è sempre una “razionalità”, perciò ogni atto, ogni ideologia, ogni guerra e violenza, anche la più aberrante, compreso il massacro di bambini in Siria, ha delle cause specifiche. Ma rimane la domanda universale, filosofica se volete, come è possibile che l’umanità sopporti l’ingiustizia, la prepotenza, il razzismo e tutto il resto? C’è forse un fato oscuro, o un peccato originale, che conduce il cosiddetto homo sapiens a distruggere tutto e poi
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