FRIGIDAIRE
IL NUOVO MALE
VINCENZO SPARAGNA
FRIGOLANDIA
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FRIGOLANDIA: Museo e redazione di FRIGIDAIRE e IL NUOVO MALE, rivista di satira diretta da Vincenzo Sparagna. Coordinamento e grafica Maila Navarra
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Un Titanic all’isola del Giglio

La Costa Concordia affondata davanti all’Isola del Giglio era un mostro, un gigante d’acciaio alto 11 piani. Pare che il comandante si sia avvicinato troppo alla costa, quasi una buffonata per vedere le luci del porto. Da qui, sembra, la tragedia: morti, feriti, persone “disperse”, miliardi buttati. Appare evidente l’insensatezza di questi megahotel galleggianti, costruiti solo per sfruttare il desiderio di un breve intermezzo lussuoso di migliaia di poveri impiegati e pensionati.
Ma il pensiero corre anche ad altre navi mostro, come i supercargo che solcano gli oceani. In Nuova Zelanda, su una barriera corallina che è un miracolo naturale da milioni di anni, una superpetroliera, si è fracassata come una noce. Spaccata in due ha rovesciato in mare milioni di litri di petrolio, uccidendo migliaia di animali e cancellando una realtà naturale preziosa e affascinante.
Naufragi, fatalità, colpe, cosa importa di fronte a queste notizie l’analisi dettagliata del singolo evento? Nulla. Contano le cifre globali, la loro frequenza sempre più incalzante.
In parallelo con queste cronache drammatiche leggiamo che le agenzie di rating hanno declassato l’Europa quasi per intero. La Francia non ha più la celebre

Una risposta alle bugie di Vincino sul Male

Mentre sono in edicola FRIGIDARE n.239 e IL NUOVO MALE n.3 di dicembre, lasciate che dica pubblicamente quanta pena ho provato ascoltando il mio (ex?) amico Vincino, rilasciare una specie di dichiarazione registrata falsa e calunniosa verso di me sul sito dello pseudo Male di Vauro e Vincino. Non so se le sue siano dimenticanze di una mente senile svanita o ciniche bugie dettate dal principio hitleriano che a ripeterle tante volte finiranno per sembrare verità. Ma devo pur smentire queste mostruose cazzate. Chiedo a chi mi legge solo un po’ di pazienza, perché si tratta di storie vecchie che non avrei mai immaginato potessero diventare occasione di polemica oltre 30 anni dopo. E cominciamo dalla domanda: chi era il direttore del Male? La pretesa di Vincino di essere stato (oltre che uno dei fondatori, cosa giustissima) anche l’unico direttore del Male dopo Pino Zac è una leggenda che ha costruito nella sua testa. Le cose andarono diversamente. Dopo le prime due uscite del Male nel febbraio 1978, cui non ho partecipato e che non mi piacquero affatto, Pino Zac mi chiamò e mi pregò di dargli una mano, perché il giornale non andava. E subito mi chiese di scrivere l’editoriale del n.3 (in copertina la testa di Moro nella forma di un peloso cazzo). Lo stesso Pino mi suggerì anche l’idea di una analisi del destino dei potenti attraverso i segni sulle loro mani (che non erano ovviamente le loro mani vere…). Uscì così il primo editoriale firmato Tersite ("O tempora, O moro!") e, sempre a firma Tersite, la famosa analisi della mano di Aldo Moro (al quale predissi una imminente carcerazione e, dopo alterne vicende, una brutta fine). La settimana stessa Moro venne rapito dalle Brigate Rosse e dopo pochi giorni Pino lasciò il Male e tornò a Parigi (perché tradito dalla fidanzata francese). A quel punto la precedente redazione, che veniva dal Sale e comprendeva ancora Vauro, si dissolse. In particolare se ne andarono Vauro e Mannelli, che erano iscritti al Pci e ci tenevano a non passare per estremisti, cosa che due mesi dopo rivendicarono anche sull’Unità, avallando l’idea che fossimo collusi con i terroristi.

La satira viene dal futuro

Anche per questo mese di novembre è in edicola, oltre a FRIGIDAIRE n.238, il nostro speciale supplemento satirico-culturale IL nuovo MALE n.2. L’entusiasmo suscitato dal n.1 uscito ad ottobre ci spinge a continuare sulla strada di una satira libera e autonoma, lontana dalla stupida ironia da salotto, immune dal virus delle schifezze televisive che hanno ridotto la satira a barzelletta di regime… o d’opposizione, che è lo stesso. Questo mese, tra le tante pagine ricche di contenuti, vi è all'interno de IL nuovo MALE un altro falso/vero da non perdere. Si tratta de “Il mio Giornale”, diretto da Indro Mortadella junior, nipote ribelle di quel reazionario di Indro Mortadella senior. La liberazione di nuove energie satiriche e fantastiche provocata da IL nuovo MALE sta avendo del resto effetti straordinariamente positivi anche sulla rivista madre, ovvero FRIGIDAIRE. Qui i racconti sono più larghi, dando ampio spazio all’immagine e al testo, i fumetti più sperimentali e complessi, i reportage più straordinari (da segnalare questo mese Navigare Necesse Est, il diario di bordo di Giovanni Bruzzo, compagno di fumetti di Delucchi, disegnatore di Tex e di Mister No, marinaio nel cuore, che ha attraversato l’Atlantico a vela sulla rotta di Colombo). Mi pare insomma che le due riviste, FRIGIDAIRE e IL nuovo MALE si integrino e rafforzino a vicenda, aprendo nuove strade alla comunicazione creativa, senza rinunciare alla profondità e alla precisione

Il nuovo Male di Frigidaire contro la finta satira da salotto

Da sabato primo ottobre è in edicola IL nuovo MALE. Non quello pensato come una penosa furbata editoriale dalle nuove star della satira da salotto televisivo ovvero Vauro e Vincino, ben foraggiati dal Corriere della Sera, dal Foglio di Ferrara e da altri centri della disinformazione italiana (Rai ecc.ecc.), ma quello fatto da noi di Frigidaire contro tutti i potenti e i prepotenti del mondo. Sono 16 pagine tabloid a colori libere da qualsiasi censura, scanzonate e divertenti, ma anche capaci di far riflettere su tante cose. Non perdetelo, costa solo 2,50 euro e li vale tutti. L’idea di fare questo nuovo Male è frutto della reazione incredula di fronte alla corruzione ideale e alla deriva barzellettistica che stanno distruggendo quel poco che restava della cosiddetta satira italiana. Ormai ogni autore che non sia proprio un brocco (e che non abbia una sua morale e delle vere convinzioni) si lascia comprare senza neppure chiedersi dove vanno a finire le sue cose, di quale progetto facciano parte, che senso abbia parteciparvi. Contano solo quelli che il mio amico Vincino chiama, alla maniera siciliana, i piccioli. E, impercettibilmente, i comprati si adeguano a chi gli da i piccioli. Poi c’è Vauro, suo compare ridanciano nel progetto di fare un giornaletto di satira che usa il marchio Male per accreditarsi. Costui, ex fuggiasco dopo il n.3 del vero Male per paura che lo accusassero di essere estremista, dopo aver fatto il cretino ad Anno Zero si atteggia a compagno interpretando il ruolo dell’antiberlusconiano accanito.

Droghe da legalizzare e governi da legare

Nel n.236 di Frigidaire, in edicola fino alla seconda metà di settembre, abbiamo tradotto ed inserito sotto forma di dossier monotematico il documento completo della Global Commission on Drugs dell’ONU. Il testo è firmato da 19 nomi prestigiosi, capi di stato, premi nobel, scienziati, giuristi ecc. che, dopo aver studiato a fondo la questione, chiedono senza mezzi termini la fine del proibizionismo e la legalizzazione di tutte le sostanze oggi catalogate come droghe. La guerra alle droghe dichiarata una cinquantina di anni fa dagli Stati Uniti e alla quale hanno aderito tutti i paesi del mondo ha infatti prodotto l’aumento esponenziale del consumo e la formazione di cartelli miliardari del narcotraffico internazionale che hanno ormai un peso enorme nell’economia e nella politica internazionale. Oggi le mafie possono contare su un mercato di oltre 250 milioni di consumatori, lasciato al loro totale monopolio da una politica proibizionista che continua a provocare vittime, malattie, persecuzioni insensate, violazione dei diritti umani ovunque. Queste cose la Commissione dell’ONU le dice in modo chiaro, ampio e inequivocabile (vedi l'inserto dossier al centro del n.236 di Frigidaire), ma nessun governo sembra nemmeno averle lette. In altre parole i Giovanardi dei vari paesi,

Una strage cristiana

L’orribile strage compiuta a Oslo dal giovane cristiano integralista con simpatie naziste è molto più di un monito per le società occidentali e per tutto il mondo. Si tratta del punto di arrivo di un mondo imbarbarito dalle ideologie religiose e dalla contemporanea esplosione di un capitalismo insensato e distruttivo. E come ogni punto di arrivo è anche purtroppo un punto di partenza, l’inizio dell’ultima lotta tra la civiltà umana e la sua grottesca caricatura mercantile contemporanea. In un certo senso, dieci anni dopo, ci troviamo di fronte a un altro 11 settembre. Ma questa volta non si tratta di una strage del fanatismo islamico jihadista che, in nome di valori medioevali resi ridicoli dalla modernità, vorrebbe cancellare dalla faccia della terra gli infedeli. Si tratta della nascita nel cuore stesso dell’occidente cristiano di un altro tipo di fanatismo, autofago e cannibale. Del sangue innocente dei giovani norvegesi sterminati senza pietà non sono macchiate solo le mani del solitario terrorista biondo, ma di tutti coloro che in occidente come in oriente, a nord come a sud del mondo, hanno fatto del culto dell’io una religione insopportabile e mortifera. Perché questo evento nasce dalla sintesi paradossale

NO, NO, NO TAV!

Il rifiuto del Treno ad Alta Velocità degli abitanti della Val di Susa non è un fatto locale. Non si tratta solo della protesta di un territorio contro una mostruosa e costosissima devastazione ambientale. E’ una scelta radicale tra chi intende la società umana come un insieme di persone che devono cercare di vivere meglio e chi invece vuole ridurre gli esseri umani ad appendici irrilevanti di un pazzesco sistema di sviluppo che porta solo veleno e morte. Per certi versi la lotta degli abitanti della Val di Susa contro la violenza della TAV è simile al rifiuto opposto dalla stragrande maggioranza degli italiani alle centrali nucleari. Perché il problema è quale società vogliamo costruire, ovvero cosa è utile e cosa non lo è per la nostra vita e per quella dei nostri figli, nipoti e pronipoti. Il Treno ad Alta Velocità, che dovrebbe correre dentro una galleria di cinquanta chilometri sotto le Alpi, è il frutto più clamoroso di un’idea malata dello sviluppo, secondo la quale dovremmo velocizzare al massimo lo scambio di merci, incuranti della necessità o meno di quelle stesse merci e di cosa questa accelerazione comporta per la vita delle persone.

Una vittoria da non sprecare

Dopo la sconfitta delle destre alle elezioni amministrative, con i travolgenti risultati di Milano, Napoli, Cagliari ecc., è arrivata anche la vittoria dei SI nel referendum multiplo del 12 e 13 giugno. E’ una prova evidente del distacco crescente tra il bisogno popolare di radicali cambiamenti e un universo politico incapace, per la gran parte, di quasiasi visione positiva e innovativa del futuro. Non a caso la splendente vittoria nei referendum, così come la forte avanzata delle sinistre più radicali e coraggiose nelle amministrative, è stata costruita dal basso, dai giovani dei comitati, dai mille soggetti (anche noi, nel nostro piccolo) che non hanno cessato di battersi sulla rete e per le strade, con le cose stampate e le parole, fino al passaparola intimo agli amici, ai parenti, ai conoscenti. E’ una vittoria molto importante sia per salvare i beni comuni, come l’acqua e tutto l’ambiente, che per aprire un nuovo capitolo sulle risorse energetiche cui attingere per una produzione e un consumo che conservi l’equilibrio naturale. Ed è anche una vittoria per la legge uguale per tutti, anche se non bisogna farsi troppe illusioni, viste le strutture legali ed extralegali, finanziarie e militari a disposizione dei grandi delinquenti.

Tre si per dire no

Tra pochi giorni si vota per il rinnovo di molte amministrazioni comunali, tra le quali quelle di Milano, Napoli e Bologna. Naturalmente la speranza è che almeno una parte dell’elettorato si svegli e molli Berlusconi, Bossi e i loro mantenuti e mantenute. L’Italia non si è mai trovata con una classe dirigente politica così corrotta e rincoglionita come quella attuale. E per quanto l’opposizione attuale non brilli certo d’intelligenza e progettualità, tutto è meglio dell’attuale schieramento di governo, che mescola mafiosi, degenerati e razzisti di ogni risma e categoria. D’altra parte bisogna considerare che il disagio popolare è crescente, ma contemporaneamente la propaganda tende a far dimenticare la stessa esperienza diretta della crisi. Gli spauracchi del comunismo che non c’è, la martellante campagna contro i magistrati che indagano sui potenti, la iperpresenza berlusconiana in TV non lasciano presagire niente di buono. E sarà davvero un miracolo se si riuscirà a dare un colpo serio a questa gente, che non ha paura di mentire spudoratamente e prendere in giro tutti. Tra l’altro la destra può contare su una folla di veri e propri imbecilli “di sinistra” come l’ineffabile Matteo Renzi con le sue stronzate

La guerra dentro casa

Si dice spesso che abbiamo la guerra alle porte di casa. E questo è vero, vista la collocazione geografica della Libia, ma da un altro punto di vista non è vero, nel senso che sposta all’esterno quello che è un problema interno, interamente nostro. I termini della questione sono semplici. Viviamo in un mondo unico, reso ancora più unico dagli irreversibili processi di globalizzazione economica e culturale. La rivoluzione nei paesi arabi ha portato in primo piano l’esistenza di una generazione che ha gli stessi problemi di libertà, di esistenza, di realizzazione delle giovani generazioni europee. Il muro che separava l’Europa democratica dal nord Africa dittatoriale, prigioniero di rais inamovibili, è caduto per sempre. Mentre da noi il declino della democrazia, il prevalere di governi conservatori e di patetici rigurgiti razzisti suscita la crescente indignazione delle giovani generazioni condannate alla precarietà, lì in nord Africa si assiste al crollo progressivo di una società chiusa, governata da gruppi dirigenti addirittura familistici, rapinatori dei loro popoli. Questo doppio processo di scoperta della democrazia nei paesi arabi e di rivolta contro la crisi della democrazia in Europa ci rende parte di uno stesso universo politico e sociale. Per questo la guerra in Libia non è fuori dei confini, ma dentro i nuovi confini

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