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Diventare cittadini della Repubblica di Frigolandia è facile. Basta acquistare il Passaporto annuale che costa 100 euro e avrete diritto a: 1) Sette giorni (anche non consecutivi) di soggiorno gratuito nella Repubblica di Frigolandia 2) Abbonamento Annuale Sostenitore alle nostre due speciali riviste a/periodiche Frigidaire e Il Nuovo Male 3) Due Regali Originali da scegliere tra quelli elencati sulla pagina “Abbonamenti” |
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Tutte le riviste e gli albi che hanno fatto la nostra incredibile storia:
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Una guida completa per chi vuole acquistare e leggere i reportage, i fumetti e i racconti, della rivista d'arte più rivoluzionaria e allegra del mondo.
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Il prossimo sabato 16 luglio celebreremo a Frigolandia, come facciamo da qualche anno, l'assalto alla Bastiglia (14 luglio 1789) che segnò l'inizio della Rivoluzione Francese. Fu quel gesto di ribellione popolare a liberare l'Europa dall'oscurantismo e proclamare i diritti della persona e del cittadino che sono alla base di ogni libertà. Per i francesi il 14 luglio è Festa Nazionale, in Italia e in Europa purtroppo ancora no ed è per questo che il nostro appuntamento è spostato di due giorni in modo da permettere a tutti di venire. Naturalmente la nostra "Festa della Rivoluzione" sarà un'occasione per incontrarci fare musica, suonare, ballare, recitare poesie, mangiare cibi sani e saporiti o semplicemente riposarsi all'ombra dei grandi alberi del parco di Frigolandia. Ma quest'anno l'incontro avrà un significato particolare, visto che l'idea straordinaria dell'unità dei popoli europei, lanciata dal Manifesto di Ventotene dell'agosto 1941, “Per un'Europa libera e unita”, è oggi seriamente minacciata da un risorgere diffuso dei nazionalismi, della xenofobia e del razzismo. Il voto inglese per la Brexit, l'avanzata di movimenti di destra in vari paesi, la isterica reazione difensiva di alcuni governi e di una parte dell'opinione pubblica verso il dramma dell'immigrazione, sono segnali preoccupanti. Contro questa deriva della ragione, che può generare nuovi mostri e riportarci indietro di un secolo, il nostro piccolo e gioioso appuntamento del 16 luglio è una modesta proposta all'intero continente, un modo per riaffermare il valore attualissimo degli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità. Certo le Bastiglie di oggi hanno un volto assai diverso dalla lugubre fortezza che il popolo di Parigi rase al suolo 227 anni fa. Si presentano come società finanziarie anonime, governi imbelli o asserviti ai pescecani del denaro, predicatori miliardari di un Islam integralista e sanguinario.
Si "festeggiano" in questi giorni i 60 anni (potenziali) di Andrea Pazienza (23 maggio 1956 - 16 giugno 1988), mentre poche settimane fa, durante l'AFA Festival, bella rassegna di fumetti indipendenti al Leoncavallo di Milano, ho partecipato a un dibattito su Stefano Tamburini a 30 anni dalla morte (15 agosto 1954 - fine aprile 1986). Strana combinazione di omaggi, sospesi tra vita e morte. Quando li conobbi, più giovani di me di dieci anni, erano due ragazzi ventenni di immenso talento. Andrea era dotato di una sensibilità estrema per la linea e il colore e di una creatività infinita, tanto che (in vita, non da morto...) lo definii "il nostro Leonardo, il nostro Mozart". Era anche umile come solo i grandi sanno essere e non esitava a chiamarmi "genio" e "maestro", perché apprezzava non solo i miei testi, ma pure i disegni fantastici che facevo fin dagli anni '60 (nel 1985 su Frìzzer *ebbe la brillante idea di commentarli e così nacque l'immaginario movimento dell'Arte Maivista). Stefano era diverso, una forza della natura, un leone, un capo, una spugna sensibile capace di assorbire tutti i segni del mondo che cambiava, uno sperimentatore appassionato, un inventore di forme e storie implacabili e illuminanti. Lui ed io eravamo simili per capacità di decidere e autorevolezza nel comando, per noi le periferie non avevano segreti, fossero di Napoli, di Roma o di New York, affrontavamo il mondo con il coraggio e l'incoscienza
La notizia è appena giunta: Marco Pannella è morto. Per chi ne ha seguito la lunghissima e coraggiosa storia di battaglie civili, per me che l'ho conosciuto personalmente più di quaranta anni fa, è un momento di grande tristezza. Scompare con lui una delle rarissime figure politiche e umane che hanno illuminato con la loro coerenza ideale e personale la recente storia italiana. Marco era un difensore irriducibile della democrazia, un combattente pacifico, un amico per tutti quelli che si sono posti, ciascuno a suo modo, fuori e contro il sistema dominante, la corruzione partitocratica, il trasformismo. Per noi, dal Male a Frigidaire, è sempre stato un alleato affettuoso, un complice ironico e prezioso. Sentiva che vi era, pur nella diversità di convinzioni e di storie, una convergenza profonda sull'idea di libertà e sulla necessità di un'assoluta autonomia dal potere. Non starò a ricordare qui, oggi lo faranno certo in tanti, l'enorme importanza che ebbe nell'Italia democristiana degli anni '70 la campagna radicale sul divorzio, né la lungimiranza delle sue successive innumerevoli battaglie
Lo slogan "Verità per Giulio Regeni" è un appello sacrosanto che in tanti, prima tra tutti la coraggiosa madre, sostengono per manifestare contro il suo martirio in Egitto. Eppure sappiamo che quella verità non verrà mai rivelata. Questo solo perché è già chiarissima, ma non potrà mai riconoscerla né il regime egiziano, che dovrebbe autoaccusarsi di un crimine orrendo, né il governo italiano, che, basandosi su una semplice ipotesi senza prove, anche se è l'unica possibile, dovrebbe rompere i suoi rapporti commerciali e politici - al momento ottimi - con l'Egitto del generale Al Sissi. D'altra parte il giovane ricercatore è stato così barbaramente ucciso proprio perché i suoi aguzzini, agenti della polizia politica segreta egiziana, hanno agito sicuri dell'impunità. Per questa gente il fatto che fosse un giovane italiano non significava nulla. Come i sanguinari colleghi argentini o cileni degli anni '70 il loro compito era estorcergli - a qualunque costo - notizie sull'opposizione al regime, fargli confessare indirizzi, rivelare nomi. Cose che in un normale interrogatorio non avrebbe mai detto, per cui è stata considerata "necessaria” la tortura più estrema e la morte. L'atroce paradosso è che le sevizie sono diventate progressivamente più terribili proprio perché il soggetto, come è molto probabile nel caso di Regeni, non aveva nulla
Le immagini del campo profughi di Idomeni in Grecia, una sterminata distesa di tende nel fango davanti alla blindata frontiera macedone, hanno fatto il giro del mondo. Sono decine di migliaia di persone, la metà bambini. La maggioranza di loro viene dalle zone di guerra della distrutta Siria ed ha attraversato tra mille pericoli (molti sono morti) il braccio di mare che separa la costa turca dalle isole greche orientali. Ma insieme ai siriani c'è anche chi fugge da Pakistan e Afghanistan, paesi che "ufficialmente" non risultano "in guerra" anche se pure là non si è mai smesso di combattere. Infine a Idomeni vi è una minoranza di profughi che viene dal Kurdistan iraniano, irakeno, siriano e turco. Sono persone che hanno viaggiato a piedi per migliaia di chilometri pur di sfuggire alla feroce repressione che ovunque si abbatte sulla loro etnia. Rispetto a questa massa di disperati il recente accordo tra l'Unione Europea e la Turchia è un insulto ai diritti umani e alla dignità di tutti i popoli civili. L'Europa si è infatti impegnata a pagare ben sei miliardi di euro al regime del dittatore turco Erdogan purché si "riprenda" una parte dei profughi che con tanta fatica sono riusciti ad arrivare sulle isole greche. Si tratta di una clamorosa violazione del diritto d'asilo riconosciuto dall'ONU e di uno sporco baratto economico sulla pelle di migliaia di innocenti. Ma il patto scellerato è anche un incredibile riconoscimento di affidabilità democratica dato a un governo che se ne frega di qualsiasi diritto e continua a imprigionare giornalisti, opprimere
Negli ultimi tempi, in occasione del dibattito sulle unioni civili, siamo stati inondati da discorsi sui diritti. Alla fine, anche se brutalmente tagliata per le resistenze ideologiche e le paure elettoralistiche dei filistei di destra e di sinistra, la legge approvata è comunque un passo avanti verso una società meno repressiva. Dico questo perché mi pare sbagliato misurare il risultato ottenuto paragonandolo solo alle legislazioni più progressive. Un discorso sui diritti che voglia andare oltre l'orizzonte italiano non può ignorare che sul piano globale, nel mondo divenuto un unico villaggio, a fronte di piccole aree dove le libertà individuali sono relativamente rispettate, vi è un'immensa zona grigia o nera nella quale i diritti di cui parliamo sono totalmente negati. Non solo quelli dei maschi gay, delle lesbiche o dei transgender, ma quelli più elementari della persona umana. Ad esempio nella quasi totalità dei paesi musulmani (un quarto del genere umano) l'omosessualità è punita quasi sempre con la morte, ma sono considerati reati anche la libertà religiosa, l'informazione indipendente e la rivendicazione della parità tra uomini e donne. Nel surreale comunismo feudale della Corea del nord i cittadini sono letteralmente schiavi di uno stato guidato da un pazzo. In India, paese teoricamente democratico, il sistema delle caste è tuttora una barriera invalicabile tra chi sta in alto e chi sta sotto. In Cina e in Russia l'uguaglianza dei diritti
Siamo cresciuti dello 0,7 o dello 0,8? Nel 2016 l'inflazione salirà come vorrebbe il governatore della BCE Mario Draghi o resterà ferma allo zero virgola di oggi? A parte la cronaca nera e gli attentati terroristici, che fanno più audience per il fascino perverso del sangue e della paura, sono questi gli argomenti che appassionano oggi politici e commentatori. Non c'è talk show che non abbia la sua appendice numerica e le sue tabelle: si cita l'Istat, l'Inps, il Sole 24 Ore, si discute su quanta crescita si avrà, quanta se n'è avuta, quanta ne servirebbe. È un'ossessione che rispecchia perfettamente il carattere assurdo del nostro modo di vivere. Siamo infatti ingranaggi di un modo di produzione mostruoso il cui fine non è risolvere i tanti problemi dell'umanità, ma accumulare profitti all'infinito. Quando questa accumulazione rallenta ecco il panico, la crisi, la recessione. D'altra parte la crescita di cui si parla è misurata esclusivamente in termini di denaro. Anche un aumento delle malattie, che nella vita reale produce dolore e sofferenza, può essere in economia un dato positivo perché moltiplica il fatturato dell'industria farmaceutica. E lo stesso accade con il mercato delle armi. Più si consumano bombe e pallottole in conflitti che divorano intere popolazioni e distruggono territori, più questo ramo della produzione si allarga con effetti "benefici" sugli indicatori economici. Inoltre nel calcolo della crescita quello che conta è il risultato immediato, mentre gli effetti di lungo periodo
Da quando il terrorismo islamico ha invaso l'immaginario collettivo con le sue azioni clamorose, sui social e in TV imperversa una singolare variante dell'analisi politica che possiamo definire tranquillamente "cretinismo". Il cretinismo si divide in tre sottogruppi: il cretinismo cattivista, il cretinismo buonista e il cretinismo complottista. Vediamoli brevemente nel dettaglio. Il cretinismo "cattivista", diffusissimo a destra, si basa sul falso sillogismo per cui, essendo gli attuali terroristi degli islamici, tutti gli islamici sono (che lo confessino o no) contigui ai terroristi. Dunque per i "cattivisti" bisogna combattere i musulmani in quanto tali, con tutte le conseguenze di una simile idea, che di fatto rilancia, come nel rovescio di uno specchio, la stessa ideologia terrorista dello scontro di civiltà. Il cretinismo "buonista", radicato a sinistra e tra molti pacifisti della domenica, è invece convinto che l'attuale terrorismo sia causato da ragioni più sociali che religiose, anzi per molti buonisti l'Islam non va neppure citato per non cadere nella vituperata islamofobia. La jihad sarebbe solo la manifestazione estrema di una ribellione contro le mille ingiustizie subite dagli islamici, oppressi dal colonialismo, sfruttati dall'imperialismo, marginalizzati in brutte periferie dal consumismo. Vi sono infine i "complottisti". Per costoro il mondo è un immenso complotto: quello che sembra non è, quello che è non si vede. Per i complottisti i terroristi non sono neppure islamici, ma agenti della Cia o del Mossad, Al Qaeda non ha mai attaccato le Torri di New York, Al Baghdadi è un ebreo truccato da califfo
Anche i più stupidi sciovinisti dovranno prendere atto che è in arrivo un'ondata di profughi così massiccia da ridicolizzare le impraticabili e demagogiche proposte di chiusura delle frontiere e blocco degli sbarchi. Milioni di persone sono ormai in movimento su un fronte che va dai Balcani al sud del Mediterraneo spinte non più solo dalla fame e dalla miseria, ma dalla necessità di sfuggire alle guerre siriane, eritree, libiche e alle stragi dell'Isis, di Boko Haram o dei musulmani somali integralisti. Sembra un secolo da quando, di fronte agli sbarchi a Lampedusa, i politici italiani si lamentavano dell'assenza dell'Europa. Oggi l'intero continente deve misurarsi con una migrazione che travolge le frontiere con la forza della disperazione e dei numeri. In questo scenario apocalittico l'importante apertura ai profughi della signora Merkel, unico leader continentale degno di questo nome (nel bene come nel male), suona la sveglia per tutti, anche dopo il temporaneo stop imposto dalla destra democristiana bavarese e da alcuni paesi dell'ex blocco sovietico. L'accoglienza dei migranti non è solo una scelta obbligata, è anche l'unica possibilità che ha il vecchio continente di garantire il suo futuro. Perché crescono due fenomeni diversi, ma indissolubilmente intrecciati. Da un lato la cieca e criminale politica di potenza degli USA e dell'Occidente in Medio Oriente ha generato guerre infinite e nuovi mostri infernali come l'integralismo islamico. Dall'altro le società occidentali,
C'era una volta l'Italia... L'avevano creata i grandi poeti, le minoranze illuminate del Risorgimento, il coraggio dei partigiani nella Resistenza, un'élite di dirigenti cresciuta nel carcere o in esilio, ma capace infine di scacciare dal trono i Savoia e fondare una Repubblica democratica. Ora quel paese non esiste più. L'hanno distrutto imprenditori parassiti, parlamentari interessati solo al conto in banca e a miserabili carriere, menefreghisti distribuiti in tutti i partiti e gli strati sociali, uno Stato avvilito da un regionalismo che ha prodotto una ventina di inutili staterelli. Basti dire che nelle ultime elezioni si è votato in sette regioni con sette leggi elettorali diverse!!! La cosa più inquietante è che questo disfacimento dell'Italia non ha coinciso con una crescita dell'Europa, ma con una progressiva dissoluzione europea. Così all'egoismo localistico ed affaristico delle 20 regioni italiane si somma quello dei 28 stati dell'Unione. Non si sa da dove si potrebbe ri/cominciare. La corruzione inquina i partiti, l'egoismo e l'avidità trionfano in tutti gli strati sociali e, indifferente alla dissoluzione della Repubblica, nessun partito pensa di abolire le corrotte regioni, anzi il futuro senato si dovrebbe basare addirittura su di esse. Nemmeno l'ultimo megascandalo di Mafia Capitale pare scuotere questa corsa verso la dissoluzione. Intorno agli imbrogli appena scoperti si è
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